Chirurgia d’anca e rischio di ictus nei pazienti anziani
Chirurgia d’anca e rischio di ictus nei pazienti anziani
L’intervento di protesi totale d’anca aumenta notevolmente il rischio di ictus nelle settimane successive: lo conferma un nuovo e ampio studio pubblicato su Stroke, che suggerisce di valutare con attenzione l’opportunità di ricorrere a questo tipo di chirurgia nelle persone anziane.
Infatti l’ictus, che è una tra le principali cause di morte nei paesi industrializzati, colpisce con maggiore frequenza le persone con età superiore ai 75 anni, una fascia di popolazione ormai molto ampia, a cui sempre più spesso vengono proposti interventi di sostituzioni d’anca.
La frequenza degli ictus perioperatori in questi pazienti era già stata stimata in altri trial, che però finora non avevano confrontato il rischio rispetto a gruppi di controllo non sottoposti a chirurgia; mancava inoltre una valutazione delle tempistiche in cui si verificano questi gravi episodi e di come farmaci o comorbilità possano influire sul fenomeno.
A proporsi di colmare la lacuna è stato un gruppo di ricercatori olandesi, danesi e inglesi, coordinato da Frank de Vries, professore di farmacoepidemiologia presso l’università di Utrecht, nei Paesi Bassi. Lo studio è stato condotto sui dati contenuti nei registri nazionali della Danimarca dove, dal 1998 al 2007, sono state effettuate 66.583 sostituzioni primarie d’anca; ognuno dei pazienti è stato messo a confronto con altri tre di pari anno di nascita, sesso e area geografica di provenienza ma non sottoposti a interventi di artroprotesi nel periodo considerato.
L’analisi ha evidenziato un notevole aumento del rischio di ictus ischemico e di ictus emorragico durante le prime due settimane successive all’intervento chirurgico, con un hazard ratio aggiustato rispettivamente di 4,69 e 4,4.
Gli autori escludono che la stima sia falsata dalla maggiore accuratezza con cui gli ictus potrebbero essere registrati nel periodo di postoperatorio, infatti il rischio relativo di ictus corso nelle prime due settimane dai pazienti operati per tumore è di appena 0,90.
Comunque, passati 15 giorni dall’intervento di artroplastica, il rischio si riduce rapidamente per entrambi i tipi di ictus, pur rimanendo più elevato della norma per lungo tempo: un maggior rischio di ictus ischemico è stato rilevato per sei settimane dopo l’intervento mentre per l’ictus emorragico si è mantenuto per 12 settimane. L’associazione appare ancora più forte se si considerano eventi a esito fatale.
Ma lo studio mostra anche la notevole efficacia della terapia farmacologica: i pazienti che hanno ricevuto un trattamento standard con farmaci antipiastrinici ha visto ridursi del 70% il rischio di ictus ischemico nelle prime sei settimane rispetto a coloro che non hanno assunto nessun farmaco antitrombotico.
Una meta-analisi ha mostrato che l’efficacia dell’aspirina si manifesta nei diversi dosaggi somministrati, dai 50 fino ai 1.500 mg al giorno, mentre altri farmaci non si sono associati ad analoghi miglioramenti.
A conclusione del suo studio, il dottor de Vries ha fatto notare che «c’è dovunque la tendenza a ridurre la lunghezza dei ricoveri in ospedale, a causa delle migliori terapie disponibili, per la sempre più condivisa strategia di mobilizzare precocemente i pazienti e per la maggiore attenzione all’abbattimento dei costi, ma questo non deve portare a trascurare il rischio di ictus, specialmente nelle prime due settimane successive alla chirurgia protesica».